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Nato a: Losine (BS) il 26.04.1914

deceduto a: Zazza di Malonno (BS) il 20.05.1943

Don Giovanni Battista nasce a Losine (BS) il 26 aprile 1914 da Francesco e Margherita Do. Seguendo le orme del fratello Giacomo, studente presso il Seminario Diocesano di Brescia, entra a far parte della comunità dei Padri Giuseppini di Asti. Consacrato sacerdote nel 1937, si occupa della educazione dei giovani nelle scuole e nei collegi della congregazione. Il ritorno in famiglia, nel 1940, avviene in corrispondenza con la prematura scomparsa del fratello don Giacomo, a seguito della quale, per soddisfare le richieste dei genitori, ottiene in breve l’assegnazione provvisoria nel clero diocesano come parroco di Zazza di Malonno.
Nel corso dell’inverno 1943 i boschi dell’area compresa fra la Val Saviore e la Val Malga erano diventati rifugio di gruppi spontanei di renitenti alla leva disertori, la cui presenza in loco si era andata facendo sempre più consistente. Le esigenze logistiche e sociali di queste formazioni, il cui carattere era ancora molto indefinito e embrionale, spingevano i giovani ad un continuo contatto con le popolazioni di mezza costa. Tali frequentazioni, unite all’aumento notevole della consistenza dei gruppi, divenne preoccupante e sfidante per le forze nazifasciste di stanza nel fondovalle che intrapresero, inutilmente, campagne di dissuasione. Nel maggio 1944 nella zona fu perciò inviato un gruppo in incognito, la Banda Marta, al soldo dei nazisti, con l’obiettivo di raccogliere informazioni e di infiltrarsi in quelle che sarebbero diventate le file delle Fiamme Verdi e della 54^ Brigata Garibaldi. L’azione della Banda Marta si trasformò in una fallimentare carneficina che non solo non produsse gli esiti sperati, ma, al contrario, contribuì non poco alla maturazione politica della popolazione e alla rottura dei già traballanti rapporti tra forze naziste e della RSI.
Giunti a Zazza di Malonno gli uomini della Marta si dichiararono intenzionati ad aggregarsi alle formazioni ribelli e chiesero accoglienza al parroco che li rifocillò. Si spostarono quindi poco più a monte, intraprendendo un’azione militare che in breve si trasformò nel rastrellamento della popolazione, concentrata a poche decine di metri dalla chiesa. Notata la mancanza del parroco lo cercarono prima in canonica, quindi nel brolo sotto la chiesa. Il sacerdote, ferito al torace, ebbe modo di iniziare una inutile corsa nei campi in direzione del fondovalle. L’inseguimento che ne venne si concluse con la morte del parroco cui fece seguito, dai boschi sopra la frazione, l’esplosione di raffiche di colpi all’indirizzo dei mercenari nazisti, mai rivendicata da nessuna formazione. L’insieme degli eventi indusse al panico i militi che si diedero alla fuga, raggiungendo il fondovalle.
E’ difficile inserire Padre Picelli nel numero dei sacerdoti vicini alle formazioni partigiane: i tempi non erano ancora maturi perché si potesse parlare di Resistenza e il suo agire fu sicuramente dettato principalmente da valori religiosi di accoglienza della persona. Allo stesso tempo, data la dinamica dei fatti, è probabilmente da escludere che l’intervento ai suoi danni fosse inserito in un preordinato progetto di eliminazione. E’ però altrettanto evidente che un prete, giovane ed aperto, che ospitava nella sua casa ogni sera i gruppi di imboscati, offrendo accoglienza e organizzando momenti di ricreativi di aggregazione fosse considerato sconveniente e potenzialmente pericoloso.