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Negli anni cruciali della seconda guerra mondiale Bruno Pilat ( Follina,TV, 13 aprile 1913) fu comandante della stazione dei carabinieri all’Aprica dal 27 marzo 1942, proveniente da Livigno, dove era stato in servizio presso il valico di Ponte del Gallo con il grado di brigadiere.

Prese subito il comando della Stazione Carabinieri, compresa la sorveglianza dei confinati ebrei, verso i quali seppe assumere un comportamento di rispetto e di collaborazione per una loro migliore condizione di sopravvivenza.

Nell’estate del 1943 conobbe don Giuseppe Carozzi, che rinforzò il suo rapporto di solidarietà con i profughi ebrei e slavi, come poi apparve chiaro dopo la notifica dell’armistizio, l’8 settembre 1943. Con ogni mezzo, infatti, aiutò la comunità ebraica confinata all’Aprica (forse 300 individui, visto che che dai 218 obbligati a firmare erano esclusi vecchi e bambini) a porsi in salvo in Svizzera, in questo coadiuvato dai suoi subordinati, il vice-brigadiere Massimo Apollonio, il carabiniere Gaston Giustetto, il carabiniere Angelo Balsamo, il carabiniere Giuseppe Pina.

In accordo con Bruno Pilat, alcuni internati rimasero all’Aprica, per fare da tramite tra gli ebrei che ancora si trovavano nel Regno d’Italia e quelli già in Svizzera e per facilitare l’espatrio di tutti i perseguitati dal nazifascismo. Il 26 ottobre 1943,quando si presentarono i tedeschi per avere informazioni, il vice-brigadiere Massimo Apollonio riuscì a sottrarre alla cattura i profughi, avvisandoli tempestivamente, servendosi del nipotino come staffetta. Fu così che la famiglia Pollak e la famiglia Wilczek, con l’aiuto di Ivo Pustiscek, perseguitato politico slavo, e con il soccorso di bravi passatori, si misero in salvo attraverso il difficile Sentiero della morte.

Bruno Pilat continuò a dare aiuto ai perseguitati, favorendo tutti i prigionieri di guerra alleati che, provenienti dai campi di concentramento, cercavano rifugio in Svizzera. Contemporaneamente si diede da fare per dissuadere i giovani di leva dal presentarsi alla chiamata della RSI, tanto che nessun giovane aprichese si arruolò durante il suo comando alla Stazione di Aprica. Ugualmente avvisò gli operai precettati per la Germania, non fece mai eseguire fermi per cause politiche e favorì il sorgere del movimento partigiano, procurando armi e facendo propaganda.

Dopo un ricovero all’ospedale di Sondrio (19-29 giugno 1944), in seguito ad un malore, trascorsi i trenta giorni di convalescenza, decise di non rientrare in servizio e di unirsi ai partigiani delle Fiamme Verdi, ma la mattina del 5 giugno fu catturato dalla Milizia confinaria e consegnato ai tedeschi, assieme al carabiniere Giuseppe Pina, per la deportazione.

Fu “schiavo di Hitler” nel campo di Ludwigsburg, vicino a Stoccarda, come magazziniere, fino all’aprile del ’45, quando riuscì a fuggire, rientrando a piedi in Italia e all’Aprica, via Verona. Dal 6 maggio tenne nuovamente il comando della Stazione CC di Aprica, fino a metà luglio. Nel frattempo erano rientrati anche gli altri suoi carabinieri: Massimo Apollonio, Gaston Giustetto, Angelo Balsamo (dalla Svizzera) e Giuseppe Pina (dalla Germania).

I numerosi riconoscimenti per il comportamento tenuto durante la guerra, a favore dei perseguitati e a sostegno delle forze partigiane, gli valsero la promozione a Maresciallo.

Bruno Pilat ci ha lasciati nel 2006, all’età di 93 anni.