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Nato a: Zazza di Malonno (BS) il 22.03.1918

deceduto a: Zazza di Malonno (BS) il 22.05.1944

Giuseppe Gelmi nasce a Zazza il 22 marzo 1918 da Pietro e Maria Fanetti. All’atto della visita militare si dichiara minatore, anche se di fatto è più facilmente definibile come “lavoratore generico”, considerando che la precarietà del lavoro, connessa anche alle vicende belliche e al servizio militare, lo portano a svolgere le attività ad ampio raggio tipiche delle famiglie contadine di montagna. Affrontata la visita di leva il 5 ottobre 1938, viene chiamato alle armi il 2 aprile 1939 e aggregato al Battaglione Edolo, Quinto Reggimento Alpini. Dal giugno 1940 presta servizio in territorio dichiarato in stato di guerra. Opererà sul fronte greco, raggiungendo Durazzo e l’Albania dal porto di Bari. Collocato in congedo illimitato nel novembre 1941 viene richiamato alle armi il 4 giugno 1943 e si presenta al Magazzino Mobilitazione del Battaglione Edolo. Tornato a casa nell’estate del ’43 si occupa di compravendita di legname.

Nel corso dell’inverno 1943 i boschi dell’area compresa fra la Val Saviore e la Val Malga erano diventati rifugio di gruppi spontanei di renitenti alla leva disertori, la cui presenza in loco si era andata facendo sempre più consistente. Le esigenze logistiche e sociali di queste formazioni, il cui carattere era ancora molto indefinito e embrionale, spingevano i giovani ad un continuo contatto con le popolazioni di mezza costa. Tali frequentazioni, unite all’aumento notevole della consistenza dei gruppi, divenne preoccupante e sfidante per le forze nazifasciste di stanza nel fondovalle che intrapresero, inutilmente, campagne di dissuasione. Nel maggio 1944 nella zona fu perciò inviato un gruppo in incognito, la Banda Marta, al soldo dei nazisti, con l’obiettivo di raccogliere informazioni e di infiltrarsi in quelle che sarebbero diventate le file delle Fiamme Verdi e della 54^ Brigata Garibaldi. L’azione della Banda Marta si trasformò in una fallimentare carneficina che non solo non produsse gli esiti sperati, ma, al contrario, contribuì non poco alla maturazione politica della popolazione e alla rottura dei già traballanti rapporti tra forze naziste e della RSI.

Il 20 maggio 1944, fallito il tentativo di spionaggio, l’intervento della Marta a Zazza di Malonno si trasformò in un rastrellamento cui seguirono le vicende che portarono alla morte di Padre Giovan Battista Picelli. Giuseppe Gelmi fu tra gli uomini che riuscirono ad evitare la cattura rifugiandosi rocambolescamente nelle baite più in quota dove pernottò, con altri, per un paio di giorni. All’evento del 20 seguì un’azione a tappeto di controllo del territorio, finalizzata a scovare i ribelli. Nel corso di uno degli spostamenti fra cascine il gruppo a cui il Gelmi si era aggregato fu intercettato da una pattuglia. I giovani si diedero alla fuga lungo un costone ghiaioso. La corsa fu breve per Giuseppe che, feritosi ad una caviglia, fu rapidamente raggiunto ed ucciso. La descrizione data dal certificato di morte lascia intendere che il colpo alla testa sia stato dato da distanza molto ravvicinata, in dinamiche più simili a quelle dell’esecuzione che dell’inseguimento.

Negli anni immediatamente successivi alla morte ci furono alcuni tentativi di definizione di Giuseppe come partigiano garibaldino. Le testimonianze raccolte, in particolare quelle della vedova, escludono affiliazione al movimento.