Fanetti Pasquale

Nato a Zazza (Comune di Malonno)

14 marzo del 1935

Intervista di Luigi Mastaglia

10 Aprile 2014

Dal libro: “La terza età della Resistenza” di Tullio Clementi e Luigi Mastaglia

D., Innanzitutto mi dovresti dire come ti chiami, quando sei nato e com’era composta la tua famiglia. Tu sai che stiamo raccogliendo una serie di testimonianze per raccontare in una pubblicazione la storia della Polveriera di Sonico, nel periodo precedente e successivo al bombardamento della stessa (29 marzo 1945) da parte delle Forze Alleate che intendevano impedire ai Tedeschi in ritirata di approvvigionarsi di armi ed esplosivi. Tu eri un ragazzo di dieci anni e certamente avrai visto direttamente o avrai colto per sentito dire ma di prima mano, fatti e vicende che ci serviranno per ricomporre il quadro di quelle tragiche giornate.

Pasquale, mi chiamo Fanetti Pasquale, sono nato a Zazza di Malonno il 14 marzo del 1935, eravamo una famiglia composta da sei fratelli: Domenico, Giuseppe, Bortolo, Pasquale, Celeste, Giacomo, una sorella, mamma e papà. Il Fratello Domenico era del 1924 ed ha fatto parte delle formazioni partigiane delle Fiamme Verdi, prima in Val Malga con Reno (Angelo Gulberti) e successivamente in Valle di Scalve con Ermanno Grassi. Il secondo, Giuseppe che era del 1926.

D., Il Giuseppe ha avuto un incidente mortale dentro alla Polveriera di Sonico, mi puoi raccontare come è andata?

Pasquale, Dopo il bombardamento della polveriera, i tedeschi hanno impegnato parecchi giovani, anche di Zazza, a svolgere lavori di ripristino del sito, lo facevano con la Todt, ed anche mio fratello Giuseppe era stato reclutato per questo tipo di lavoro. Erano incaricati a spostare e risistemare le bombe, accatastarle rendere nuovamente agibile la zona. Lo scoppio che ha ucciso mio fratello ed altri due o tre che lavoravano con lui, è stato il 24 aprile del 1945, proprio alla vigilia della liberazione. Stavano spostando queste bombe per reimpilarle ed una è scoppiata. Quello di Rino di Sonico che era proprio addossato alla bomba è stato dilaniato, mio fratello era nelle vicinanze e lo scoppio lo ha travolto uccidendolo, aveva 19 anni.

D., In una testimonianza raccolta in precedenza (Pasquini), parla di recupero di ghiere o fasce di rame che erano sulle bombe e diceva che durante questi lavori di risistemazione del sito, alcuni dei ragazzi addetti allo spostamento delle bombe cercavano di levare, con un martello, queste ghiere per poi rivenderle e guadagnare qualche centesimo.

Pasquale, Probabilmente l’amico Pasquini è meglio informato, o addirittura ha visto qualcosa, comunque anch’io ho sentito dire che qualcuno asportava, naturalmente di nascosto dai guardiani tedeschi, queste fasce di rame. E’ facile pensare che lo scoppio sia stato determinato dal tentativo di recupero del rame, è probabile che sia stata questa la causa dello scoppio ma, chi lo poteva testimoniare direttamente, ora non c’è più. Bisogna pensare che, anche prima del bombardamento, le bombe non erano tutte ammucchiate nello stesso posto ma, disposte a mucchietti distanti uno dall’altro (per sicurezza) e che gli addetti alla risistemazione delle bombe, dopo il bombardamento del sito, fossero divisi un piccole squadre, quindi la squadra di mio fratello, è stata distrutta dallo scoppio e non sono rimasti testimoni direttamente coinvolti a raccontare com’è andata.

D., Nel mese di maggio del 1944, proprio a Zazza, la “banda Marta” composta prevalentemente da delinquenti liberati dalle carceri, al servizio della repubblica di Salò, ha commesso un atroce delitto, ha ammazzato, sotto gli occhi della Madre, Don Battista Picelli, che poche ore prima li aveva accolti in casa e aveva fatto servir loro da mangiare e da bere. Tu allora avevi 9 anni, cosa ti ricordi di quella giornata?

Pasquale, la mia famiglia abitava in “Prabello” , un agglomerato di case situate poco distanti da Zazza. Io quel giorno ero a pascolare le pecore sul versante appena sopra gli abitati di Zazza e Comparte. La “banda Marta” ho saputo poi che era passata da casa mia in Prabello e spacciandosi per partigiani avevano interrogato mio padre e mio fratello Domenico per sapere informazioni sulle formazioni partigiane della zona che a loro detta dovevano raggiungere per aggregarsi. Alle risposte evasive di mio padre e mio fratello si sono diretti a Zazza. Prima di partire, mio padre ha detto loro, se non trovate le informazioni che cercate, quando tornate, fermatevi pure che prepariamo qualcosa da mangiare. Era una forma di gentilezza, che per caso non è costata molto cara. Dopo l’assassinio di Don Picelli, si sono ricordati dell’invito di mio padre e dal momento che loro si erano presentati come partigiani, hanno pensato che i miei fossero loro sostenitori, si sono diretti verso Prabello con la chiara intenzione di appiccare il fuoco alla casa ed alle abitazioni vicine. Fortunatamente, alcune raffiche di mitra provenienti dai boschi sovrastanti (qualcuno sostiene siano stati partigiani della 54a di passaggio?) li hanno consigliati di defilarsi e di scendere in fondovalle.

D., Tuo fratello Domenico (Mènèc) che era in Prabello quando sono passati quelli della “banda Marta”, poi si è trovato coinvolto nel fermo che questi banditi hanno operato a Zazza. Proprio il giorno dell’assassinio di Don Picelli. Come è potuto succedere?

Pasquale, Cerco di raccontare quanto, successivamente, ho appreso da mio Fratello Domenico. Appena i “finti partigiani” si erano allontanati, li ha seguiti a distanza e si è portato a Zazza. Intanto, loro, dopo aver mangiato e bevuto a casa di Don Picelli, uscendo hanno fermato un gruppo di ragazzi, tra i quali Domenico e Giuseppe Gelmi (esonerato dal servizio in quanto, sposato, con due figli e sua moglie in attesa del terzo). Dopo un insistente interrogatorio di questi fermati che iniziavano a sospettare della vera identità dei banditi, il Gelmi ha chiesto di potersi recare in casa a prendere da fumare, (abitava proprio sopra dove erano stati fermati), appena in casa, salito sul solaio è uscito sui tetti ed è scappato. Quando questi si sono accorti che li aveva presi in giro, sono saliti ed hanno ribaltato tutta la casa e minacciato la moglie che negava dove fosse andato. A guardia dei ragazzi rimasti in strada, un solo bandito. Approfittando della scarsa sorveglianza, una mia zia è andata a chiedere a questo se poteva farsi aiutare da suo nipote (mio fratello Domenico) a togliere un pesante paiolo dal fuoco nella sua casa affiancata al portico dove erano ammassati i giovani fermati. A conferma accordata, mio fratello si è sganciato ed insieme alla zia sono entrati un casa e scese le scale sono prontamente usciti dai locali del seminterrato e sono scappati per i campi. I componenti la “banda Marta”, non avendo potuto raccogliere preziose informazioni rispetto alle formazioni partigiane e consapevoli che non avrebbero ottenuto altro, probabilmente arrabbiati anche per la brutta figura rimediata, hanno deciso di vendicarsi con l’unico che li aveva accolti (per carità cristiana) ma loro pensavano per connivenza coi veri partigiani, Don Battista Picelli, rintracciato nell’orto e ucciso davanti a sua madre. Due giorni dopo, durante un rastrellamento, intercettavano ed uccidevano anche il Giuseppe Gelmi che era riuscito a scappare durante il fermo a Zazza e per due giorni, con altri giovani fuggitivi, aveva soggiornato in cascine nei boschi sovrastanti, Giuseppe nel cercare di sottrarsi al rastrellamento si era slogato una caviglia e non potendo proseguire la fuga si era fermato nascondendosi dietro un masso. Raggiunto da uno dei banditi è stato assassinato, aveva 26 anni.

D., Tuo fratello Domenico si è poi arruolato con i partigiani.

Pasquale, Mio fratello (era militare negli alpini a Novara), dopo l’8 settembre 1943, lui ed un suo amico di Iseo sono riusciti a fuggire dalla caserma ed a piedi sono arrivati a casa. Ha lavorato con la Todt al Tonale, era stato esonerato proprio perché lavorava con i tedeschi. Ma la sua posizione diventava ogni giorno più delicata. Dopo questa avventura, e saputo di essere ricercato, ha deciso di mettersi con i partigiani che operavano in Val Malga. Era con le Fiamme Verdi e quando Ermanno Grassi ha avuto la necessità di rinforzare il suo gruppo in Valle di Scalve, lui ed altri di Malonno si sono trasferiti.

D., Ricordi il giorno del bombardamento della Polveriera di Sonico? Dove ti trovavi? Quali ricordi hai conservato?

Pasquale, io ed un gruppetto di ragazzi e ragazze di Zazza ci trovavamo vicino al Cimitero a controllare il bestiame (pecore, capre, qualche mucca), che i genitori ci affidavano per il pascolo. Ad un tratto abbiamo sentito il rombo degli aerei in arrivo ed i primi scoppi. Questi aerei si abbassavano sopra Rino e Sonico, poi giravano e dopo un po’ ritornavano a sganciare e mitragliare. Noi dalla paura ci eravamo nascosti nei boschi vicini e non abbiamo visto con precisione quanti aerei erano e contato le volte che sono passati. La paura era tanta! Ma il ricordo dei boati e dei colpi di mitraglia ci è rimasto addosso per parecchio tempo.